Le risorgive del Timavo

Questo luogo mitico di cui raccontano anche Plinio Il vecchio, Tito Livio, Strabone e Virgilio si trova a San Giovanni di Duino, al confine tra la provincia di Trieste e quella di Gorizia dove sorge anche un monumento che ricorda i Lupi di Toscana, reggimento che combatté sul poco distante fronte dell’Ermada durante la Prima Guerra Mondiale. E’ un luogo magico in cui il fiume Timavo, dopo l’inabissamento nelle cavità della terra in Slovenia e 40 chilometri di tratto sotterraneo, torna in superficie per sfociare nel Mare Adriatico.

Virgilio nomina le Bocche del Timavo per ben 3 volte nella sua opera (Ecl 8.6, Georg II,475 Aen I,244) soprattutto nell’Eneide, parlando di Antenore che nel suo viaggio di ritorno da Troia si rifugia proprio in questa zona.

“e valicare le fonti del Timavo

di dove nove bocche tra lo scrosciare lungo del monte

una marea prorompe e ne copre i campi il risonare dell’onda”

Chiaramente si nota come, anche nei testi successivi di Plinio Il Vecchio non vi fosse ancora piena coscienza della natura di risorgiva del luogo, ma il suo fascino anche per questo motivo era forse maggiore. Variabile è anche il numero di bocche individuate che passano da tre, a sette e a nove. Certo è che la bellezza di questo luogo incantato è proseguita oltre il periodo classico grazie all’ulteriore realizzazione della Basilica di San Giovanni in Tuba, realizzata sotto il Cristianesimo nel corso del IV secolo. Questa splendida basilica fu distrutta dall’invasione degli Unni e ricostruita poi con l’aiuto del vicino Patriarcato di Aquileia.

 E’ uno dei luoghi preferiti di Laura, la signora Laurenti, e dove moltissimi anni fa si sono incontrati e conosciuti Proteo Laurenti e la moglie Laura, come raccontato nel romanzo A ciascuno la sua morte

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Le ricordavano l’oltretomba, l’Ade, di cui la foce a mare del fiume sotterraneo Timavo, situata un paio di chilometri oltre Duino, è considerata uno degli ingressi. E’ il punto in cui sembra siano approdati Diomede e gli Argonauti alla ricerca del vello d’oro, e pure Antenore dopo essere stato bandito da Troia, sempre che Tito Livio e Virgilio dicano la verità. Laura e Proteo si erano conosciuti per caso proprio in quei paraggi. Il giovane e solitario poliziotto, da poco a Trieste, amava passeggiare per i numerosi sentieri labirintici nella macchia mediterranea dell’ex parco che apparteneva al Castello di Duino cercando di riflettere sul futuro

Aveva incontrato tre volte una donna che come lui vagava da sola per i viottoli tra i lecci e che gli piaceva molto. Fin dalla prima volta lo avevano colpito i suoi brillanti occhi verdi, il seno abbondante e la folta chioma fluente, ma non era riuscito a spiccicare parola, tranne che per un timido buongiorno. Dopo qualche mese si era girato per guardarla ma lei era scomparsa da un pezzo. Alla fine era stata Laura a fermarsi e a rivolgergli la parola: era proprio un caso, aveva detto, che si trovassero pressappoco sempre nello stesso luogo dove, in genere, non incontrava mai nessuno. Proteo aveva fatto finta di non essersene accorto e, imbarazzato, le aveva dato ragione, poi si era fatto coraggio e le aveva chiesto se abitava a Duino


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