Costiera, Trieste

La Strada Statale 14 è nota a tutti i triestini con il soprannome di “Costiera” contrazione della denominazione “Strada Costiera” inaugurata tra il 1928 e il 1929 dopo diversi anni di cantiere. E’ la via d’accesso di rappresentanza della città di Trieste, un biglietto da visita che offre sullo sfondo i palazzi bianchi dell’insediamento urbano mentre ci si trova a picco sulle falesie, di cui una forma la splendida galleria naturale, e si può distendere lo sguardo sul golfo di Trieste e sul mar Adriatico.

La Costiera è particolarmente cara anche al commissario Laurenti, poiché dopo aver vissuto per i primi due romanzi in centro città (via Diaz) in Morte in lista d’attesa, Proteo si trasferisce nella villa del medico legale Galvano. Episodio che non gli causerà pochi grattacapi, ma in compenso gli offrirà la possibilità di farsi una nuotata in mare nelle calde giornate di calura estiva. E sempre in questo romanzo, proprio sulla Costiera il commissario troverà il primo morto, investito da una carovana di tutto rispetto.

Veit Heinichen è autore della prefazione di un volume che racconta le leggende, i miti e le storie legate a questo pezzo della storia triestina. Roberto Covaz e Annalisa Turel, La Costiera triestina – storia e misteri di una strada, Edizioni Mgs Press, Trieste, 2006. ISBN 88-89219-23-8

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La casa di Galvano sulla costa era un gioiello, non ce n’erano molte così, oppure erano economicamente inaccessibili. Però, né si poteva arrivare con l’automobile fino alla porta di casa, né era in buono stato. In compenso si godeva una vista unica sul golfo di Trieste e l’immenso giardino terrazzato ormai inselvatichito arrivava ripido giù fino al mare. Nessuno li avrebbe disturbati. Inoltre, alle spalle della casa, lassù sul Carso, era situato il paese di Santa Croce dove era possibile comperare le cose indispensabili quando non si voleva andare in città

Dalla finestra rivolta a est vedeva i vigneti dei vicini che coltivavano Vitovska, Malvasia e Glera, gli antichi vitigni locali, e poi la ferrovia, che passava ancora più in alto. L’altra finestra si apriva a sud e lo sguardo spaziava sul mare

Tranne che per il lieve rumore della marea che saliva dalla spiaggia situata molto al di sotto delle ripide rocce calcaree, per qualche secondo si era sentito solo il gracchiare delle gazze. Il traffico sulla SS14, una delle poche arterie che dall’entroterra conducevano in città, si era dissolto di colpo. Si percepiva, in lontananza, il crepitio di un peschereccio la cui presenza era solo intuibile, per via della coltre di nebbia che da giorni copriva il golfo di Trieste come un pesante piumone

La casa sulla costa che un anno prima avevano acquistato da Galvano, il vecchio medico legale, era affollata. I tre ragazzi avevano deciso di trascorrervi i mesi estivi insieme ai fidanzati. Ormai anche Proteo Laurenti si era abituato all’idea di non poter più dare ordini, e soprattutto accettava che conducessero la loro vita senza di lui

Procedeva più rapidamente con il boccaglio e le pinne. Per via del caldo soffocante di quel maggio l’acqua era assai più calda dell’anno precedente. Tuttavia avendo indossato la muta nera di neoprende, poi, come sempre, si era messo a tracolla la piccola fiocina e si era fissato al polpaccio un coltello per rimuovere i molluschi o aprire i ricci di mare che amava tanto mangiare crudi. Quando scese la scala che portava al mare ed entrò in acqua piano, a est della città il nuovo giorno aveva già sopraffatto le tenebre. Aveva ritrovato la forma da quando si era trasferito sulla costa e andava regolarmente a dormire mentre gli altri dormivano


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